martedì 2 dicembre 2008

DELIBERE SAITTA - DALLA SELVA BUIA A LA DEFORESTAZIONE SELVAGGIA





PROVINCIA CULTURA ASS- GIULIANO CONTRIBUTI:


Commenti... Vediamo:

Siamo proprio sicuri della bontà delle iniziative? Intendiamo per bontà quella verso i reali bisogni dei residenti della Provincia, non quella verso singoli individui o compagini. Questa è una domanda ? Contiene la risposta!

Magari con l'avvento del Partito Democratico Autonomo del Nord (non ricordiamo bene l'ordine semantico, basterà seguire il gingle della sigla simil-Carosello?), modello "As peul fesse" o meglio conosciuto come "fasu mi" nel metodo e nella sostanza, ci toccherà un corso di formule matematiche in Piemontese per migliorare l'erogazione di contributi da spread-sheet nel cantùn. Che poi spread-sheet voglia dire letteralmente Spalmato e Foglio, ci sono indizi sul metodo, per la sostanza più che foglio sembrano risme. Altro che Amazonia! Ambiente... al verde!

cs PDl_ Lega- commisisone di inchiesta tragedia rivoli 24.11

Torino, 24 novembre 2008






COMUNICATO STAMPA



OGGETTO: PDL – LEGA NORD PROVINCIA DI TORINO:
Chiediamo una commissione di indagine sulla tragedia del Darwin


Insieme alle espressioni più autentiche del
dolore delle famiglie, degli amici e di tutta la comunità
provinciale ciò che colpisce di più è la
richiesta di chiarezza e di giustizia.


Non vogliamo neppure immaginare che le cause e le

eventuali responsabilità di questa tragedia restino ignote o
si perdano nello squallido gioco dello scarica barile.


Vi è indubbiamente la necessità di

una riforma complessiva del sistema che presiede la gestione e la
messa in sicurezza degli immobili destinati all'edilizia scolastica,
ma oggi le competenze sono, altrettanto indubitabilmente in capo alle
Provincie ed è quindi logico che spetti al Consiglio
Provinciale fare chiarezza.Pertanto proponiamo al Consiglio
Provinciale di votare la costituzione di una commissione consiliare
d'indagine, che ai sensi dell'art.78, garantisca la rappresentanza
paritaria delle minoranze.


Una risposta negativa da parte del Presidente Saitta e

della sua maggioranza o una indagine che non vedesse coinvolta la
minoranza sarebbe incomprensibile e lascerebbe il sospetto che vi
sono responsabilità che si intendono insabbiare.


Nadia Loiaconi Barbara Bonino Arturo

Calligaro



Capogruppo Fi- PDL capogruppo AN- Pdl capogruppo
Lega Nord

cs Bonino (AN-PDL)_ la maggioranza Saitta boccia la Commissione d














COMUNICATO STAMPA





OGGETTO: BONINO (AN-PDL): “LA
MAGGIORANZA DI SAITTA RESPINGE LA RICHIESTA DI UNA COMMISSIONE DI
INDAGINE DELLA PROVINCIA. BONINO (AN): NON BASTANO LE MANIFESTAZIONI
DI CORDOGLIO BISOGNA INDIVIDUARE ERRORI E RESPONSABILI





Il presidente Saitta ha impostato la
sua relazione all’aula su due concetti: responsabilità e
precisione che devono essere i criteri di azione e di intervento in
questa dolorosa e delicata vicenda.






Concordiamo sull’indirizzo ma
riteniamo che per quanto riguarda l’individuazione delle
responsabilità oltre all’indiscutibile lavoro che deve
essere svolto dalla magistratura il Consiglio debba essere coinvolto
in una Commissione di indagine ai sensi dell’art. 78
regolamento che garantendo la partecipazione delle minoranze sia
garanzia di trasparenza e contribuisca a ripristinare un clima di
fiducia nei confronti delle istituzioni.





Per quanto riguarda la precisione
richiamata dal presidente Saitta, insofferente a certe
generalizzazioni fatte da esponenti nazionali, riteniamo che spetti
proprio alla Provincia dare il buon esempio facendo chiarezza
innanzitutto sui dati relativi agli stanziamenti destinati all’
edilizia scolastica. Il presidente Saitta ci chiede di mobilitarci in
maniera trasversale per richiedere una modifica dei limiti imposti
dal patto di stabilità, autorevoli esponenti della maggioranza
di Governo vi stanno già lavorando, ma riteniamo che
innanzitutto le Province, e la Provincia di Torino in particolar
modo, debbano rivedere la priorità di spesa. Infatti non è
stato il patto di stabilità che ha imposto al presidente
Saitta di tagliare quasi del 50% le spese per investimento destinate
all’edilizia scolastica dal 2004 ad oggi ma sono state le
scelte che hanno privilegiato l’adesione a TNE, la costruzione
del palazzo unico della Provincia, la dotazione della fondazione post
olimpica, l’adesione a numerose e inutili partecipate.





Purtroppo i gruppi di maggioranza
hanno respinto la richiesta da noi avanzata della Commissione di
indagine e questo ci sembra un comportamento assurdo: da una parte si
parla di accertamento di responsabilità ma quando si arriva
alla prova dei fatti e si chiede di approfondire la risposta è
negativa.





Barbara Bonino


Capogruppo An- PdL Provincia di
Torino









cs Bonino (An-PdL)- tragedia di Rivoli si doveva evitare 22.11








Torino, 23 novembre 2008







COMUNICATO STAMPA







OGGETTO: BONINO (AN): LA TRAGEDIA AL DARWIN DOVEVA

ESSERE EVITATA Richieste comunicazioni urgenti del Presidente
Saitta
martedì in Consiglio.



Siamo
sgomenti! Il nostro pensiero va prima di tutto alle famiglie della
giovane vittima e dei ragazzi feriti in seguito al crollo del liceo
Darwin di Rivoli





E'
allucinante pensare che oggi in Italia, nel civilissimo nord, si
possa morire sotto le macerie di edifici scolastici fatiscenti.






Ma non possiamo limitaci allo sgomento: è nostro
dovere capire come questa tragedia sia potuta accadere. La
magistratura farà a sua parte, ma noi vogliamo immediatamente
avere dal Presidente Saitta approfondite comunicazioni su quanto
accaduto. Ricordiamo infatti che la competenza per l'edilizia
scolastica, in particolar modo per la manutenzione e la messa in

sicurezza degli immobili dedicati all'istruzione secondaria è
della Provincia e il Liceo Darwin di Rivoli era stato oggetto dal
2005 a oggi di numerosi interventi: coperture, facciate, adeguamento
normativo.







Com'è possibile che non fosse prevedibile un
cedimento del genere? Non vorremmo che si fosse temporeggiato nel
realizzare interventi più radicali o nell'abbandonare una sede
non più sicura per non dover spendere troppi denari.




Da tempo denunciamo una assurda contrazione delle
risorse che la Provincia ha destinato negli ultimi cinque anni
all'edilizia scolastica; da tempo chiediamo all'amministrazione di

avere copia delle richieste e un indagine seria sulla sicurezza
nelle scuole della Provincia.
Siamo convinti che questa tragedia
si potesse e dovesse evitare.




Barbara Bonino


Capogruppo An- PdL
Provincia di Torino









sabato 29 novembre 2008

DIRITTO ALLO STUDIO - VALORIZZAZIONE MERITO - QUALITA' SISTEMA UNIVERSITARIOt

Conversione in legge del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca. 

Conversione in legge del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca. 

Relazione del Sen. VALDITARA

Credo che una puntualizzazione importante debba essere fatta in occasione della trattazione di questo decreto-legge che contiene misure particolarmente importanti per lo sviluppo ed il futuro dell'università italiana. Credo, cioè, che tutta l'Aula debba essere interessata in modo bipartisan dalla consapevolezza che l'università italiana non è il centro del malaffare. 

L'università italiana, nel bene e nel male, non si distingue da qualsiasi altro settore della vita pubblica italiana. Nelle nostre università, anzi, la qualità dei ricercatori è mediamente superiore rispetto al resto dei Paesi OCSE. Non lo dico io, lo dicono prestigiose riviste scientifiche internazionali, lo dice un'indagine del Ministero dell'educazione nazionale francese, pubblicata su "Le Monde" nel febbraio 2007: per citazioni su riviste scientifiche internazionali, i ricercatori italiani vengono prima dei ricercatori francesi e tedeschi. 

Detto questo, sono innegabili tuttavia alcune criticità. Signor Presidente, chiederei un po' di silenzio per continuare l'intervento. 

Detto questo, sono innegabili alcune criticità: una cattiva gestione delle risorse; sprechi di risorse, peraltro modeste; poca trasparenza; poca competizione; il problema della cosiddetta piramide rovesciata (40.000 professori a fronte di 20.000 ricercatori); un'ingessatura burocratica opprimente; la tendenza a trasformare le università italiane in superlicei dove si fa soprattutto didattica e pochissima ricerca e, devo aggiungere, un eccesso di spesa per un numero sempre più crescente di personale a fronte di una spesa del tutto inadeguata per le infrastrutture della ricerca. Ma soprattutto manca drammaticamente la capacità di trasferire tecnologia alle imprese e di generare promozione sociale. 

Lanostra università - e il nostro sistema di istruzione in generale - è agli ultimi posti tra i Paesi più sviluppati per capacità di far sì che un ragazzo povero che entra nel sistema di istruzione possa uscire con le competenze per accedere alla classe media. È un sistema che configura una cristallizzazione sociale, un sistema che per molti aspetti è rimasto indietro negli anni. Molte delle riforme che oggi ci apprestiamo a varare sono già state affrontate dai principali Paesi europei dalla fine degli anni '90. In Italia, invece, sono state semplicemente abbozzate, in altri casi non sono mai state proposte. 

Voglio anche aggiungere che alcune delle criticità che ho appena esposto sono legate innanzitutto ad un'importante legge (la n. 341 del 1990, la cosiddetta legge Ruberti), che ebbe un merito significativo in quanto introdusse il principio fondamentale dell'autonomia, cui però non coniugò il principio della responsabilità. Poi voglio anche aggiungere la legge 28 febbraio 1998, n. 31, sui concorsi, che è stata, a mio avviso in modo sbagliato, rieditata nel febbraio di quest'anno dal precedente Governo, che con i due idonei, il concorso locale e il membro interno certamente non favorisce quella richiesta di trasparenza che viene dalla società italiana. Voglio infine aggiungere che queste pratiche degenerative, sotto gli occhi di tutti, sono state, soprattutto la moltiplicazione irrazionale dei corsi di laurea, un portato del cosiddetto 3 più 2 che probabilmente andava pensato e andrebbe ripensato in termini leggermente diversi. 

La politica però non è estranea a tutto questo. Quando abbiamo 337 sedi universitarie con una proliferazione di sedi distaccate in ogni piccolo centro (si ricordava che a Narni dove non c'è neanche un liceo ci sono forse 8 corsi di laurea); quando ci sono 5.500 corsi di laurea su materie che hanno una scarsa richiesta da parte del mondo della produzione e anche da parte degli stessi studenti (ben 150 corsi di laurea contano meno di 15 studenti), in tutto questo non è estranea la politica, che spesso e volentieri negli ultimi 15 anni ha difeso, sponsorizzato, sostenuto e talvolta persino imposto l'apertura di cattedrali nel deserto. Occorre dunque procedere ad un risanamento e ad un rilancio del settore. Ebbi a dire che il 2009 dovrà essere dedicato al risanamento e alle riforme strutturali importanti: dal 2010 occorrerà ragionare in termini di rilancio anche con riferimento alle risorse. 

Voglio anche sottolineare che è mancata, a partire dall'inizio degli anni Novanta, una grande visione culturale. Negli ultimi 15-20 anni molte delle riforme sono state troppo spesso effettuate sotto la spinta dell'emergenza, senza un quadro strategico ed è giusto invece avere ben presenti alcuni forti criteri di riferimento. Risanamento e rilancio devono avvenire attraverso l'introduzione dei principi di responsabilità e trasparenza, nonché del principio di merito, all'interno di un sistema fondato sulla competizione tra atenei che abbia due grandi finalità: la promozione sociale degli studenti attraverso una formazione adeguata e la contribuzione allo sviluppo di una innovazione del sistema produttivo. Da qui è partito il Governo, da qui siamo partiti con questo decreto-legge. 

E voglio entrare subito nel vivo della trattazione. Quando abbiamo detto «applichiamo finalmente una legge dello Stato», la cosiddetta legge Berlinguer del 1997, che prevedeva l'obbligo di non superare il 90 per cento nel rapporto tra spese per il personale e fondo di finanziamento ordinario, abbiamo fatto cosa attesa dalla parte sana del mondo universitario e da essa richiesta, perché in nessun Paese al mondo si spende quasi esclusivamente per stipendi e quasi nulla per ricerca e infrastrutture di ricerca. Voglio anche aggiungere che questo 90 per cento è «truccato», perché se avessimo dovuto computare gli scatti di anzianità e quel terzo legato all'attività di assistenza delle facoltà mediche, probabilmente la stragrande maggioranza delle università italiane avrebbe un rapporto pari al 100 per cento o molto simile. 

Bisogna capire che cosa contiene questo fondo di finanziamento: esso è il grande fondo per l'università, quello con cui si finanziano l'acquisto dei libri per le biblioteche, i progetti di ricerca, la luce e il riscaldamento. Capirete allora che se le risorse vengono impiegate soltanto per pagare stipendi, l'università è costretta ad indebitarsi o a chiedere soldi ai privati o ad aumentare le tasse universitarie. È quindi evidente che chi fosse contrario ad una misura di questo tipo si assumerebbe la responsabilità di dire «aumentiamo le tasse», «privatizziamo l'università italiana», «indebitiamo l'università italiana». 

Il provvedimento in esame contiene anche una marcata apertura ai giovani. Innanzitutto, voglio ricordare un punto che nel dibattito politico è quasi scomparso, ma che credo sia particolarmente importante: come dicemmo già dall'inizio della legislatura, occorreva sbloccare le assunzioni per 2.800 ricercatori che sono in attesa di entrare nel mondo della ricerca. Un altro segnale forte contenuto nel decreto-legge è che il 60 per cento del 50 per cento derivante dal turnover, che potrà essere riutilizzato, è destinato all'assunzione di ricercatori, cioè ad assumere giovani, e quindi a rovesciare, cioè a rimettere secondo logica, la famosa piramide. Si tratta di un'operazione che credo rappresenti un obbligo morale cui anche l'attuale opposizione nella passata legislatura aveva cercato, senza riuscirci, di adempiere. Il tutto si coniuga, tra l'altro, con il famoso emendamento presentato a favore dei giovani dottorandi e volto ad aumentare l'entità delle loro borse di studio. 

Vi è quindi un'attenzione ai giovani che conferma l'interesse di questo Governo all'apertura delle università italiane: le borse di studio, le residenze universitarie. Proprio la necessità di promozione sociale, ossia di aprire l'università anche alle fasce sociali svantaggiate, richiede che chi è di condizioni modeste non debba andare a lavorare per potersi mantenere nell'università. Voglio sottolineare che lo stanziamento previsto dal Governo in questo decreto è doppio rispetto a quanto non sia stato stanziato negli ultimi anni, così come per quanto riguarda le residenze universitarie è ben pari al triplo rispetto a quanto stanziato nelle finanziarie delle ultime legislature. 

Se vogliamo che il sistema funzioni, la valutazione dei risultati è strategica. Si fa in Germania, in Spagna, in Inghilterra ed in Francia. Siamo l'ultimo Paese che applica una misura di questo tipo. Le risorse devono andare soprattutto a quelle università che per qualità della ricerca e della didattica sviluppino risultati positivi. Nella scorsa legislatura avevamo già presentato, con numerosi colleghi che siedono in Parlamento, proposte emendative in questa direzione. Sono altrettanto compiaciuto che la Commissione abbia approvato oggi l'introduzione dell'anagrafe delle pubblicazioni scientifiche che consente di certificare con grande chiarezza le pubblicazioni di professori e ricercatori, di avere un quadro chiaro. Sono particolarmente soddisfatto per il fatto che si introduce una autentica rivoluzione e che d'ora in poi gli scatti automatici di stipendio non verranno più liquidati automaticamente, ma saranno condizionati alla pubblicazione scientifica nell'ultimo biennio.

Sono anche soddisfatto perché nelle Commissioni giudicatrici entrerà soltanto chi negli ultimi anni ha effettuato pubblicazioni scientifiche. È assurdo che un professore possa giudicare altri senza aver mai pubblicato nulla. Credo che questa sia una iniziativa fondamentale per dare concretezza e serietà. 

Sono inoltre particolarmente soddisfatto che le università ed i rettori, in sede di bilancio consuntivo, abbiano l'obbligo di dire con grande trasparenza che cosa hanno fatto con i soldi pubblici, mostrando i risultati dell'attività di ricerca, di formazione, di trasferimento tecnologico, con emendamenti presentati dal relatore in Commissione, condivisi dal Capogruppo della maggioranza, passati questa mattina con mio personale compiacimento. 

Vi è poi la norma sul rientro dei cervelli, anch'essa largamente attesa, e la norma sui concorsi. Personalmente ho una predilezione per la legge Moratti che, depurata di quelle famose quote, è per me ottima, ma mi rendo conto che il Governo ha ritenuto che essa avrebbe comportato una dilazione dei termini concorsuali, inaccettabile forse per un sistema bloccato da quasi tre anni. 

Si introduce quindi il meccanismo del sorteggio. Non credo nell'effetto taumaturgico del sorteggio. Credo, invece, che il sorteggio abbinato all'elezione possa essere un segno di moralizzazione efficace. È un segnale e, in quanto tale, senz'altro positivo. Ovviamente la vera riforma dovrà essere fatta in un confronto ampio con il mondo universitario, con l'opposizione; a mio avviso, una riforma dovrà necessariamente passare da una lista di idonei a numero chiuso, entro cui sviluppare una chiamata diretta. 

Voglio anche aggiungere, elemento mai sottolineato, che è necessario ridurre i settori scientifico-disciplinari perché è evidente che con quattro o cinque professori la trasparenza viene a mancare. Certamente, de iure condendo, che è fondamentale la riforma della governance, l'applicazione di questo sistema di valutazione, il rilancio del dottorato ed anche - consentitemi di aggiungere - i contratti individuali sul modello tedesco, anche qui sviluppando quello che oggi già facciamo in questo decreto, pagando di più i professori che lo meritano. 

Voglio evidenziare un ultimo aspetto: il mondo universitario nelle audizioni si è espresso in modo favorevole sul decreto. Voglio ricordare le parole del presidente della CRUI Decleva, del presidente Lenzi, le aperture importanti del presidente Morcellini, a nome di tutti i presidi delle università italiane. È stato sottolineato il segnale di svolta e mi compiace dire che per la prima volta un settore interessato ad una riforma anche pesante, che comporterà dei costi per qualcuno, dà il suo sostanziale appoggio. Credo che sia un segnale molto importante. Mi auguro che anche altri settori della vita pubblica italiana sappiano fare altrettanto, come sta facendo la parte più consapevole e rappresentativa dell'università italiana che sta collaborando ad un rilancio del nostro sistema e a far sì che finalmente anche il nostro mondo universitario possa essere al pari degli altri sistemi più avanzati e che possa contribuire a creare sviluppo, benessere e crescita complessiva per il nostro Paese.


mercoledì 26 novembre 2008

SILFAB - PRONTI A PRODURRE

Carissimi,

Un collaboratore mi ha inviato alcune notizie su Silfab . Come potete vedere nell' allegato è già tutto fatto!!!: Lo stabilimeto è pronto a produrre , sic! Notate l'area di proprietà Silfab, si estende anche in territorio di Settimo Vittone: Evidentemente hanno già acquistato anche la Lino spa dell'Ing. Caffa , nonchè tutta la Novelis: Lo stabilimento poi è anche bello a vedersi, ben architettato, a zero impatto ambientale: Peccato di tutto questo non esista nemmeno un mattone, ma neppure le autorizzazioni per realizzarlo:

Non sarà una bufala? Speriamo di no, anche se in Canavese ormai siamo abituati agli.......... Incursori!

Fausto francisca

...
Prevista un’ulteriore tornata di raccolta di capitali attraverso l’apertura a nuovi investitori: è questo il prossimo imminente passo previsto da Silfab SpA per implementare il suo progetto di creazione di un polo produttivo italiano di polysilicon di grado solare per il mercato fotovoltaico internazionale. In occasione del Convegno sul fotovoltaico a cura di Kyoto Club tenutosi ieri a Rimini all’interno di Key Energy/Ecomondo (vedi presentazione allegata del Dr. Patti), la società padovana che produrrà a Borgofranco d’Ivrea (Torino) 2500 tonnellate di polysilicon già a partire dai primi mesi del 2010, è stato presentato l’avanzamento del progetto confermandone i tempi previsti. Il progetto, che attualmente può contare su un capitale (equity) di 84 milioni di euro, prevede l’apertura all’ingresso di nuovi investitori. La prima iniezione di fiducia era giunta in luglio da Pan Asia Solar Ltd., società privata di investimenti con sedi a New York, Hong Kong, Londra e attiva nel settore delle energie rinnovabili, con un team che vanta una specifica esperienza di oltre 25 anni nel solare fotovoltaico. Attraverso la costituzione di GridCo Srl, Franco Traverso, fondatore e presidente di Silfab, e Pan Asia Solar controllano la maggioranza del capitale, al quale contribuisce con 30 milioni di euro anche Sino-American Silicon Product Inc. (SAS), produttore taiwanese di wafer di silicio. La scelta da parte di società internazionali di investire su un progetto italiano per la produzione sostenibile ed environmentally-friendly di polysilicon di grado solare, risulta essere di primaria importanza per l’intero settore del fotovoltaico che vede in Silfab l’opportunità di completare la filiera italiana a partire dalla produzione della materia prima necessaria per la realizzazione delle celle fotovoltaiche.
Che le aspettative siano importanti lo esprime soprattutto il mercato, come dimostra il portafoglio ordini già acquisito da Silfab, con un budget che supera il miliardo di euro per i prossimi sei anni. Tra questi c’è l’accordo “Take or Pay” siglato con la cinese Hyundai Heavy Industries Co. Ltd. per la fornitura di wafer in silicio multi-cristallino high quality per un ammontare di 270 milioni di euro in 6 anni ed inoltre quelli della cinese Trina Solar Ltd e della stessa SAS. L’attesa è quindi per l’avvio della produzione a Borgofranco d’Ivrea con 2500 tonnellate annue di polysilicon nella prima fase (inizio 2010), pari a un fatturato di 150 milioni di euro, e con previsione di raddoppio a 5000 tonnellate entro l’anno successivo. I partner tecnologici sono tutti intensamente impegnati nel progetto, a partire da Rivoira, società del gruppo statunitense Praxair Inc., e da Maire Tecnimont nonché dalla statunitense CDI Corporation Ltd.. Il coinvolgimento nel progetto Silfab riguarda rispettivamente lo sviluppo dell’ingegneria di base e l’assistenza alle procedure autorizzative, la fornitura dei gas e dei relativi servizi ed infine l’integrazione tecnologica e i servizi specifici di ingegneria.

La prima tranche produttiva corrisponderà ad una potenza complessiva di 600 MW di celle fotovoltaiche che, grazie all’elevato grado di purezza (9N-) del polysilicon prodotto da Silfab saranno in grado di registrare dati di efficienza decisamente superiori a quelli attuali. 20 novembre 2008


giovedì 20 novembre 2008

IL PACCHETTO CLIMA EU

IL PACCHETTO CLIMA-ENERGIA

Il 23 gennaio 2008 la Commissione

europea ha adottato un pacchetto di proposte volto a dare attuazione agli
impegni assunti dal Consiglio europeo in materia di lotta ai cambiamenti
climatici e di promozione delle energie rinnovabili. Le misure previste mirano
ad accrescere significativamente il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili
e ad imporre ai governi europei obiettivi giuridicamente vincolanti.

Una profonda riforma del sistema

di scambio delle quote di emissione, imporrà un tetto massimo alle emissioni a
livello comunitario. Il pacchetto di proposte in esame intende, infatti,
consentire all’Unione europea di ridurre di almeno il 20 per cento le emissioni
di gas serra e di elevare al 20 per cento la quota di energie rinnovabili entro
il 2020, secondo quanto deciso dai capi di Stato e di governo europei in
occasione del Consiglio europeo del marzo 2007. La riduzione delle emissioni
dovrebbe essere elevata al 30 per cento entro il 2020 con la sigla di un nuovo
accordo internazionale sui cambiamenti climatici.



Il pacchetto clima-energia

comprende una serie di iniziative politiche strettamente interconnesse che di
seguito si illustrano e commentano.





La Proposta di modifica della
direttiva 2003/87/CE sul sistema comunitario di scambio delle quote di
emissione (ETS) (COM (08)16 def.) prevede che, a partire dal 2013, il sistema
ETS sia applicato a un numero maggiore di gas serra (attualmente lo scambio
delle quote riguarda solo l’anidride carbonica) e riguarderà tutti gli impianti
industriali responsabili delle emissioni. Sulla base del vigente sistema di
scambio delle quote di emissioni fondato su un tetto massimo di emissioni e
sullo scambio delle quote (cap-and-trade), la Commissione propone di rafforzare
il mercato unico del carbonio a livello comunitario, che si estenderà a un
numero maggiore di gas serra e riguarderà tutti i grandi impianti industriali
responsabili delle emissioni. Le quote di emissione poste sul mercato saranno
ridotte, con cadenza annuale, in modo da permettere una riduzione delle
emissioni del 20 per cento nel 2020, rispetto ai livelli del 2005.





La Proposta di decisione del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla ripartizione degli sforzi da
intraprendere per adempiere all’impegno comunitario a ridurre unilateralmente
le emissioni di gas serra in settori non rientranti nel sistema comunitario di
scambio delle quote di emissione (COM (08) 17 def.) mira a quantificare il
contributo della riduzione di tali emissioni al fine di conseguire l’obiettivo
generale dell’Unione europea.



In settori non rientranti nel
sistema di scambio delle quote, come l’edilizia, i trasporti, l’agricoltura e i
rifiuti, l’Unione europea dovrà ridurre le emissioni del 10 per cento rispetto
ai livelli del 2005, entro il 2020. Per ciascuno Stato membro la Commissione
propone un obiettivo specifico di riduzione delle emissioni in parola da
conseguire entro il 2020 (quello assegnato all’Italia è del 13 per cento in
meno). Nel caso dei nuovi Stati membri gli obiettivi prevedono addirittura la
possibilità di un aumento delle emissioni. Tali variazioni oscillano tra un
meno 20 per cento e un più 20 per cento.





La Proposta di direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione delle energie rinnovabili
(COM (08) 19 def.) mira a conseguire sia gli obiettivi di riduzione delle
emissioni rientranti nel sistema ETS, sia gli obiettivi che in tale sistema non
rientrano.



Oggi la quota di energie
rinnovabili sul consumo energetico finale dell’Unione Europea, pari all’8,5 per
cento, rende necessario un aumento dell’11,5 per cento per raggiungere
l’obiettivo del 20 per cento previsto per il 2020.



A tal fine, la Commissione ha
fissato obiettivi giuridicamente vincolanti per ciascuno degli Stati membri.



La proposta di direttiva mira a
fissare un obiettivo generale obbligatorio del 20 per cento per la quota di
energia da fonti rinnovabili sul consumo energetico e un obiettivo minimo
obbligatorio del 10 per cento per la quota di biocarburanti nei trasporti che
ogni Stato membro dovrà conseguire, nonché obiettivi nazionali obbligatori per
il 2020, in linea con l'obiettivo generale dell'Unione europea del 20 per
cento.





La Proposta di direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla disciplina giuridica della
cattura e dello stoccaggio del carbonio (COM (08) 18 def.) è accompagnata da
una Comunicazione della Commissione dal titolo “Promuovere la dimostrazione in
tempi brevi della produzione sostenibile di energia da combustibili fossili”.



La proposta di direttiva mira a
definire norme armonizzate per lo stoccaggio in sicurezza di anidride carbonica
in formazioni geologiche e disciplina le diverse fasi di questa attività.



La Comunicazione della
Commissione illustra invece i vantaggi derivanti dalle tecnologie di cattura e
stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS), delineando le strategie organizzative
e finanziarie finalizzate a superare gli ostacoli che si frappongono
all’utilizzo delle tecnologie CCS.





Infine, con la Comunicazione “Due
volte 20 per il 2020. L’opportunità del cambiamento climatico per l’Europa”, la
Commissione prefigura gli obiettivi in termini di emissioni da raggiungere
entro il 2050, attraverso l’aggiornamento del sistema di scambio delle
emissioni, la riduzione dei gas ad effetto serra al di fuori del sistema di
scambio di emissioni, l’incremento nell’impiego delle energie rinnovabili ed il
miglioramento dell'efficienza energetica.





Una serie di misure così
impegnative per gli Stati e per i loro sistemi produttivi devono basarsi su
valutazioni scientifiche certe e tener conto delle ripercussioni che tali
azioni causano ai sistemi produttivi e di conseguenza sui livelli occupazionali
dei Paesi che le dovessero adottare.



È certo che il clima sia mutevole,
negli ultimi decenni la temperatura media a volte è aumentata ed a volte
diminuita, con un aumento medio probabile nell’ultimo secolo di 0,5 gradi
centigradi.



Uno degli obiettivi delle misure
europee in esame è di ridurre del 20% le emissioni dei gas serra,
principalmente di CO2, entro il 2020.



L’aumento della CO2 emessa
dovrebbe contribuire ad un aumento delle temperature ed è possibile che
l’attività dell’uomo sia responsabile di tale situazione, ma la CO2 non è il
maggiore responsabile dell’effetto serra, che è prodotto per ben il 55% da
vapore acqueo, dal 24% dalle nubi, dal 14% dalla CO2 , dal 5% dall’ozono, dal
2% da altri gas.





L’influenza dell’attività
antropica nell’aumento della CO2 è certa, ma il livello di questa influenza
potrebbe essere limitata, in quanto i modelli matematici per la previsione del
clima non riescono a simulare in modo attendibile gli effetti del vapore
acqueo. Le prove geologiche della variabilità del clima si trovano nelle 15 ere
glaciali negli ultimi 2 milioni di anni, in gran parte delle quali l’attività
umana era assente o assolutamente marginale.





La quantità complessiva di gas
serra è inoltre in gran parte di origine naturale, dalle eruzioni vulcaniche ai
processi di fermentazione e decomposizione ampiamente diffusi in natura.
L’atmosfera contiene 3 milioni di megatonnellate di CO2 , l’attività umana ne
immette ogni anno 6.000 megatonnellate che l’applicazione degli impegni di
Kyoto ridurrebbe di poco, a 5.850 megatonnellate.





Riassumendo, se la CO2 rappresenta
solo il 14% dei gas che producono l’effetto serra, se di quel 14% circa il 96%
deriva da processi naturali e solo una parte di circa il 4% è di produzione
antropica e se di quel 4% della parte di produzione di CO2 antropica globale
interveniamo con i nostri sforzi solamente sulla porzione di produzione europea
con una riduzione richiesta del 20% possiamo renderci conto di quanto sia
scarsamente incisivo quello che si intende fare.





Lo stesso assunto su cui si basa
il protocollo di Kyoto è infatti che anche il rispetto completo degli accordi
non porterebbe alcun impatto significativo sul clima.



Pare quindi evidente che, ammesso
esista un sistema riconosciuto in grado di misurare gli eventuali benefici
delle politiche ambientali che si intendono promuovere, l’ottimismo di alcuni
decisori politici verso le misure proposte non trovi un adeguato riscontro dal
punto di vista scientifico, ma nemmeno da quello intuitivo.





Non è corretto inoltre
considerare la CO2 un pericoloso inquinante, dalla fotosintesi infatti dipende
la sopravvivenza degli organismi posti lungo tutte le catene alimentari, uomo
incluso. La CO2 è indispensabile per le piante, ne determina la crescita, la
resistenza alla siccità e la capacità di immagazzinare altra CO2.





Questa impostazione fuorvia
l’attenzione dell’opinione pubblica e delle autorità, sui veri problemi
dell’inquinamento dell’aria, dannosi sia per la salute umana che per l’ambiente
nel suo complesso, quali quelli delle emissioni di micropolveri ed inquinanti
chimici prodotti dai processi di combustione per la produzione di energia, il
riscaldamento domestico e la mobilità, che si depositano sui prodotti agricoli
e che vengono normalmente respirati causando gravi patologie sanitarie.





Una politica ambientale più
concreta dovrebbe puntare maggiormente l’attenzione ed impegnare risorse per
mettere a punto sistemi di produzione di energia elettrica a basso costo e
prive di emissioni nocive, con l’obiettivo di contrastare e ridurre tali
fattori inquinanti certamente dannosi per la salute umana.





Non secondaria è poi l’analisi
delle ripercussioni che le azioni previste dal “pacchetto Clima Energia”
causerebbero ai sistemi produttivi e di conseguenza sui livelli occupazionali
dei Paesi che le adottassero.



Sotto questo profilo è
indispensabile valutare l’impatto che la recente crisi finanziaria sta avendo
sull’economia reale. Senza crescita e con una aumentata difficoltà
nell’accedere al credito, le aziende saranno nell’impossibilità di investire
nell’innovazione necessaria a ridurre le emissioni del 20% e saranno spinte ad
ulteriori delocalizzazioni produttive in Paesi che non aderiscono a questa
scelta unilaterale dell’Europa con il paradossale risultato di danneggiare
un’economia già in difficoltà ed aumentare le emissioni in atmosfera.





La globalizzazione dei mercati
non consente ad economie singole, come quella europea, di sopportare oneri
aggiuntivi per il raggiungimento di obiettivi ambientali più ambiziosi se i
loro diretti competitori, come nel caso dell’Asia e dell’America, non intendono
seguirle su questa strada.



Basti pensare che dal 2005 al
2030 a fronte della riduzione delle emissioni europee proposta, pari circa al
2% , costosa perché applicata ad un sistema produttivo già molto efficiente, in
Cina le emissioni crescerebbero del 123%, in India del 200%, in Usa del 24% ed
in Russia del 33%.



Un contributo, quello europeo,
pressoché simbolico, che – diversamente da quanto indicato dalla Commissione
Europea e dalla Presidenza – non avrà l’effetto di convincere Cina, India,
Brasile, Sud Africa, e USA, ad assumere impegni simili a quelli europei, come
emerge dallo stato del negoziato in preparazione della Conferenza sui
cambiamenti Climatici del 2009 a Copenaghen e dalle recenti riunioni in ambito
G8+5.





Valutazioni indipendenti
calcolano che il costo del “pacchetto”, così come proposto, non sarà inferiore
a 0,70 del PIL dell’Unione, senza considerare che le stime della Commissione
assumono come riferimento uno scenario, ormai non più realistico, che prevede
per l’Europa una crescita del PIL del 2,2%-2,4% e per l’Italia dell’1,2-1,9%
(rispettivamente nei periodi 2000-2010 e 2010- 2020), con prezzi energetici
sostanzialmente costanti compresi tra il 2005 e il 2020 tra 54 e 61 $/barile.





Tali stime sono inconsistenti con
il mutato contesto macroeconomico ed inoltre riducono drasticamente le risorse
a disposizione dei governi e delle imprese per gli investimenti
infrastrutturali necessari a cambiare il sistema energetico europeo, in ogni
caso il costo del pacchetto non è prevedibile, ma è certamente di gran lunga
superiore a quello previsto dalla Commissione Europea.





Infine, va segnalata la
situazione italiana che secondo lo scenario “pessimistico” della Commissione
Europea, porterebbe il nostro Paese a sostenere nel 2020 un costo pari
complessivamente all’1,14% del Pil, a fronte di un impatto UE dello 0,7% del
Pil, con un differenziale a nostro sfavore superiore al 60%.



Tradotto in numeri si tratta di
una cifra variabile tra i 16 ed i 20 miliardi l’anno tra il 2008 ed il 2020 per
un totale di oltre 200 miliardi che peserebbero in modo devastante
sull’economia italiana, a fronte di una riduzione delle emissioni globali non
superiore allo 0,3%.



Come si vede l’Italia dovrebbe
sostenere un costo superiore alla media europea, anche se se il nostro Paese ha
emissioni procapite e “intensità di carbonio” più basse della media europea :
una autentica inversione del principio “chi inquina paga”.





Infine è interessante notare che
il neo eletto Presidente Obama ha chiarito che nei prossimi anni gli USA
saranno molto impegnati nel mercato interno a sostenere la diversificazione
delle fonti energetiche, con un ruolo importante per le fonti rinnovabili, al
fine di sostenere la sicurezza energetica degli USA e ridurre le emissioni,
senza tuttavia prevedere la partecipazione degli USA al Protocollo di Kyoto,
ovvero agli stessi vincoli dell’Unione Europea.



Mentre la Cina ha chiesto ai
paesi “ricchi” di istituire un fondo per le tecnologie pulite a favore delle
economie dei paesi in via di sviluppo, senza assumere alcun impegno ad assumere
obiettivi simili a quelli del pacchetto europeo.





Insomma l’Europa scommetterebbe
al buio, sulla base di presunti mutamenti climatici difficilmente valutabili a
causa dell’incertezza dei modelli matematici che non consentono ancora di
comprendere l’interazione dei fattori fisici in gioco nel determinarli, quali
l’interazione tra oceani ed atmosfera, il ciclo dell’acqua, la formazione delle
nubi e la loro copertura, il rapporto tra vegetazione ed atmosfera ed il ciclo
del carbonio e che ad oggi rappresentano ancora una grande sfida per la scienza
e non certo un punto di arrivo consolidato.





L’Europa ed ancor più l’Italia
metterebbero inoltre a rischio la competitività delle proprie economie senza
avere alcuna certezza sulla partecipazione delle altre economie ad un impegno
globale, anzi con la prospettiva di andare verso uno scenario di penalizzazione
del proprio sistema economico, con conseguente peggioramento occupazionale, una
ulteriore spinta alla delocalizzazione delle produzioni e la beffa di una
crescita vertiginosa delle emissioni globali causate dai Paesi che non
aderiranno a tale scelta.





Alla luce di queste preoccupanti
valutazioni è opportuno che il Governo proponga all’Unione Europea un profondo
riesame, dei tempi e dei contenuti, del “Pacchetto Clima Energia”, tenendo
conto delle mutate condizioni socio economiche maturate nelle ultime settimane
che consigliano di abbandonare la strada delle decisioni unilaterali in tema di
gas serra, puntando invece all’aumento della sicurezza energetica europea, alla
ulteriore riduzione degli inquinanti atmosferici e ad un accordo globale
finalizzato all’aumento dell’efficienza tecnologica ed ambientale dei processi
produttivi nei Paesi attualmente più arretrati da questo punto di vista.






domenica 16 novembre 2008

MISSIVE DEMOCRATICHE CON SOLDI .... VOSTRI

L'amico Fausto Francisca ci parla di comunità montane e comunicazioni democratiche.
E chi mai ha avuto dubbi sul financially-correct del centro-sinistra!

Carissimi,

Ancora una volta dobbiamo prendere esempio di come si amministra .... democraticamente.Tre presidenti di Comunità Montane e, credo un consigliere ( forse),tutti Pd, inviano su carta intestata di Comunità Montana, con relativi protocolli /sic!!!) un invito che vi allego, dove si precisa che" I Democratici, che tanta responsabilità ricoprono oggi nelle Amministrazioni locali del canavese"dovrebbero trovarsi " su un terreno di lotta nelle scelte berlusconiane di attacco alle autonomie locali, in particolare verso I piccoli comuni".

L'utilizzo di strumenti pubblici, da parte di questi amministratori " democratici" dimostra ancora una volta che Berlusconi "vede" dove si può tagliare: proprio verso chi utilizza soldi pubblici per tornaconti di partito (democratico ).

Possiamo capire anche perchè DiPietro si inca..a con i suoi alleati;

Noi di sicuro lo siamo.

Fausto Francisca

N.B. Nonostante tutto continuerò a difendere il ruolo dei Piccoli Comuni e delle Comunità Montane, per fortuna non si sono solo amminitratori " democratici"

I fax della comunicazione finanziata



venerdì 31 ottobre 2008

SCHEDA INFORMATIVA SUL DECRETO GELMINI








SCHEDA INFORMATIVA SUL DECRETO GELMINI


VERSO UNA SCUOLA RINNOVATA E COMPETITIVA

La Riforma scolastica indetta dal Ministro dell’Istruzione, On. Mariastella Gelmini, ha come obiettivo il rinnovamento di un sistema di formazione che, nel suo complesso, non è più in grado di rispondere alle esigenze formative dei giovani di una Nazione competitiva come l’Italia. Il continuo investimento di risorse non bilancia la qualità della nostra scuola che rasenta i livelli più bassi della media europea. Oggi il nostro Paese ha bisogno di una politica lungimirante ed attenta al futuro che sappia diffondere un sapere attingibile a tutti, senza il rischio di incorrere nel tragico errore di formare generazioni di studenti titolati ma con un grado di conoscenza civile e culturale sempre più teso ad un drammatico omologamento verso il basso.


DATI STATISTICI ALLA MANO

Livello di preparazione e raggiungimento dei titoli di studio

  • 17% dei Laureati tra i 25 e i 34 anni di età contro una media del 33% dei 25 paesi più industrializzati. L’Italia si colloca al di sotto di paesi in via di sviluppo come Cile e Messico.*

  • 15% in meno di diplomati rispetto alla Grecia e 5% in meno rispetto alla Slovenia*

  • I giovani di 15/16 anni hanno il più basso livello di preparazione in tutta Europa in materie scientifiche e lingue straniere.*


Spese per la Scuola

  • Il 3,5 % del PIL del nostro Paese è investito in Spese per la Scuola, all’incirca in media con Francia e Germania, nonostante ciò l’Italia è agli ultimi posti per qualità.*


Spese studenti pro capite

  • 5.710,00 €: 1000,00 € in più di Germania e Gran Bretagna e 500,00 € in più della Francia, contro i 4623,00 € della media dei paesi europei.*

Stipendi annui degli insegnanti

  • 30.000,00 € pro capite contro i 50.000,00 € di paesi quali la Germania e, più in generale, contro i 38.000,00 € della media europea.*


In Italia ci sono troppi insegnanti e mal pagati, ciò è dovuto al minor numero di ore di lavoro effettuate e al rapporto numerico insegnante-studenti

  • Gli insegnanti italiani lavorano 735 ore contro le 812 della media europea.*

  • Rapporto insegnante-studenti pari a 1 ogni 9, contro la media europea di 1 ogni 12-14.*


È utile ricordare che negli ultimi 10 anni la spesa per l’Istruzione, di cui il 97% è investito in stipendi per il personale scolastico contro l’81% dei paesi europei, si è innalzata del 30% (ca. 10 miliardi) senza condurre ad alcun miglioramento.

In Italia si investe soltanto il 3% contro una media europea del 20, in strutture scolastiche e formazione.


Dati OCSE, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, nel rapporto annuale sull’istruzione.


RIFORMA GELMINI - decreto-legge n. 137, 1 settembre 2008


1. REINTRODUZIONE DEL MAESTRO UNICO E TEMPO PIENO (art. 4)

Il provvedimento è essenzialmente dettato da un’esigenza pedagogica: il maestro verrà reinvestito di quel ruolo di guida e punto di riferimento che gli è proprio. Sarà cosi possibile contravvenire all’anomalia tutta italiana dell’insegnamento spezzato in moduli alle elementari. Il tempo pieno non verrà intaccato, altresì, attraverso la redistribuzione delle risorse, le famiglie avranno la possibilità di scegliere l’orario a loro più confacente tra le 24, 27, 30 ore settimanali o il tempo pieno.

2. DISCIPLINA DI “CITTADINANZA E COSTITUZIONE” E VOTO DI CONDOTTA (art. 1-2)

La scuola deve assolvere prima di tutto al suo compito educativo ad ampio spettro. È necessario che gli italiani abbiano una “religione civile” in cui riconoscersi, base del vivere sociale, del rispetto della Legge e delle regole. A complemento di ciò il giovane deve venire educato, e quindi valutato, anche nella sua condotta morale e civile: obiettivo raggiungibile con il ripristino del voto in condotta.

3. VALUTAZIONE ESPRESSA IN DECIMI (art. 5)

In un’ottica di semplificazione la votazione con giudizio numerico dall’1 al 10 permetterà all’insegnante di fornire un metodo di comunicazione preciso e funzionale, esente da interminabili giri di parole, ed immediatamente comprensibile dall’alunno e dal genitore.

4. LIBRI DI TESTO O FENOMENO DEL “CARO LIBRO” (art. 5)

Il dirigente scolastico dovrà verificare che il corpo docente adotti libri presso Case Editrici che si impegnino a mantenerne invariato il contenuto per un quinquennio e che, in caso di eventuali aggiornamenti, predispongano appendici vendibili separatamente in modo da mantenere il costo dei testi scolastici all’interno del tetto massimo di spesa stabilito dal Ministero.

5. AGGREGAZIONE AMMINISTRATIVA DEGLI ISTITUTI SCOLASTICI MINORI, ubicati in montagna o in piccole isole (Legge 133, art. 64)

Viene attuata la legge 59/98, o Legge Bassanini, sul regolamento dell’autonomia scolastica dell’allora Governo D’Alema. È necessario aggregare le “miniscuole”, alcune con meno di 50 alunni, e, soprattutto, unificare gli uffici di Presidenza in istituti con meno di 500 allievi. In questo modo l’offerta scolastica rimarrà invariata anche nelle zone più isolate ed il funzionamento amministrativo sarà garantito in rete con la predisposizione di uffici comuni sul territorio.           

L’ISTRUZIONE VISTA DA “SINISTRA”: GLI ANNI DELLE RIFORME E DEI TAGLI ALLA SCUOLA

1998 – Governo D’Alema

Nel 1998 l’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema prevedeva, al fine di tagliare inutili spese dell’Istruzione, una riduzione del personale scolastico pari al 4% in tre anni: il risultato fu un’improbabile impennata delle assunzioni pari al 6% in contro-tendenza con quella che era l’effettiva richiesta anche a rigore del calo del numero di studenti.

2007 – Governo Prodi

Lo scorso anno il Ministro dell’Istruzione in carica, On. Giuseppe Fioroni, redigendo il Libro Bianco sull’istruzione, sottolineava allarmato che:

- le ore di insegnamento alle Primarie venivano pagate almeno due volte;

- l’elevato grado di analfabetismo funzionale della popolazione adulta;

- l’anomalia del rapporto studenti-insegnanti rispetto alla media OCSE.

In conseguenza, procedeva, senza che sostanzialmente nessuna critica venisse sollevata da parte dei Sindacati Scolastici, ad un taglio del personale scolastico pari a 20.000 unità.

La necessità di ridurre le spese relative all’istruzione consentendo una migliore redistribuzione delle risorse professionali non è perciò una novità, la novità semmai è mettere in pratica ciò che si annuncia. La riforma Gelmini prevede nei prossimi 3 anni un passaggio da 1 milione e 300mila unità, ora impiegate nelle scuola pubblica, ad 1 milione e 200mila in modo da sopperire comunque alla richiesta formativa, corrispondere retribuzioni adeguate agli standard europei e riservare parte delle spese a favore di investimenti.


UNA RIFORMA PREMIANTE (art. 64 Legge 133)

L’ultimo mito da sfatare è il tema dei famigerati tagli di finanziamenti all’Istruzione. I dati pubblicati alla voce “Istruzione scolastica” relativi al “Bilancio e Finanziaria 2009” prevedono, per l’anno 2009, addirittura un incremento delle risorse finanziarie stanziate.           

Bilancio 2008 – Governo Prodi

Assestamento 2008 – Governo Berlusconi

Previsione 2009 – Governo Berlusconi

41.463,4 milioni di euro

43.120,0 milioni di euro

43.776,6 milioni di euro

I maggiori aumenti sono riscontrabili nell’Istruzione Primaria, + 462,00 milioni di euro, e nell’Istruzione Secondaria di II grado, + 2218,8 milioni di euro.

I ridimensionamenti previsti per il triennio 2009-2011, inoltre, permetteranno di premiare coloro che, tra i docenti, più si sono distinti: sarà stanziato infatti un bonus annuale di gratifica dell’entità di un minimo di 5.000,00 € ad un massimo di 7.000,00 € già a partire dal 2010.


Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano nel discorso di apertura dell’anno scolastico 2008-2009 ha affermato che “occorre un contenimento della spesa per la scuola, nessuna parte sociale o politica può sfuggire a questo imperativo […] Per avere un’Italia migliore abbiamo bisogno di una scuola migliore. Non sono sostenibili posizioni di pura difesa dell’esistente”.


Lo stesso Walter Veltroni, leader del PD ha affermato in una recente intervista radiofonica che “il sistema scolastico italiano fa acqua da tutte le parti”.


A conclusione, risulta ingiustificabile il sollevamento popolare di questi giorni frutto di una campagna di disinformazione divulgata in malafede dall’opposizione.


 






Contro l'occupazione di luoghi pubblici


Firmate la petizione.



mercoledì 29 ottobre 2008

"La lettera: «I bambini non siano "usati" contro la Gelmini»"

Localport notizie: "La lettera: «I bambini non siano "usati" contro la Gelmini»": "La lettera: «I bambini non siano 'usati' contro la Gelmini»"

Bambini usati ? Ma vaaa!

Semplice illusione ottica. E in che ottica? Trattasi di attività didattiche rivolte alla presa di coscienza civica con l'ausilio di tecniche pittoriche (o pittoresche...), con sfumature stagionali anticipando Ogni Santi o Halloween che si voglia, coadiuvate da iconologia neovignetistica sintetica, dicasi paleolitica... e cartellonistica democratica! Il concetto espresso è quello di Ghost Busters? In questo caso, manca l'aspirapolveri demagogiche.

Cogliamo l'occasione per congratulare gli "insegnanti" che si sono immersi in questa attività didattica con tanto zelo, nella speranza che il medesimo zelo sia adoperato per spiegare ad un bambino, diciamo di 4 barra 5 anni (!), cos'è un decreto legislativo, una variazione di bilancio, un barone e corte, un fannullone e magari pure in cosa consiste il lavaggio di cervello, oppure la manipolazione ad arte!

Complimenti.

Preghiamo "i naviganti" di segnalarci tutti i casi di "pedagogia democratica" in atto o nella pipeline.

Post Icònam: a pensarci bene, saranno mica i fantasmi della sinistra radicale?


venerdì 24 ottobre 2008

RESOCONTO QUAGLIARELLO - GELMINI SENATO - SCUOLA E UNIVERSITA'


Legislatura 16º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n.
076 del 23/10/2008




SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVI LEGISLATURA ------



76a SEDUTA PUBBLICA



RESOCONTO



SOMMARIO E STENOGRAFICO




GIOVEDÌ 23 OTTOBRE 2008



(Antimeridiana)



_________________




Presidenza del vice presidente NANIA,



indi del vice presidente CHITI


e del presidente SCHIFANI





Seguito della discussione del disegno di legge:


(1108)
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º
settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di
istruzione e università



(Approvato dalla Camera dei deputati)



PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Quagliariello. Ne
ha facoltà.


*QUAGLIARIELLO
(PdL). Signor Presidente, signori del Governo, signor
Ministro, colleghi senatori, una premessa. Al di là di come la
si pensi, è innegabile che il 13 e 14 aprile gli elettori
hanno conferito ad un leader e alla sua maggioranza un mandato
che non ha precedenti nella storia della Repubblica. Ed è
altrettanto evidente che solo un Governo sostenuto da una robusta e
coesa forza parlamentare e da una massiccia legittimazione
democratica può mettere mano con speranza di successo alle
grandi emergenze nazionali. Tra queste, l'emergenza educativa.



Se dovessi definire il concetto di emergenza educativa direi che esso
consiste nel fatto che i paradigmi di comportamento, i valori
correnti della vita quotidiana, gli atteggiamenti diffusi verso la
cosa pubblica e gli altri consociati si trovano al di sotto degli
standard richiesti da una convivenza civile e ordinata.



Nessuno, ad esempio, mette in dubbio che nelle scuole e nelle
università possa essere manifestato il dissenso e la protesta,
ma ritenere che si possa per questo giungere a mutilare il diritto di
non manifestare, ad impedire alla maggioranza silenziosa che vuole
continuare a studiare e a seguire le lezioni di poterlo fare, è
il segno eloquente di quanto il problema sia profondo.



Nel senso comune, si è radicata la percezione che l'emergenza
educativa scaturisca dalla situazione di crisi nella quale versa il
nostro sistema scolastico. Il problema è certamente ben più
ampio: investe tutte le agenzie educative che fino a pochi decenni fa
contribuivano alla formazione del cittadino. Mettere mano alla
scuola, nondimeno, deve rappresentare il punto di attacco, l'ambito
da cui cominciare, orientandosi secondo una duplice prospettiva:
definire un nuovo orizzonte culturale e all'interno di questo
chiudere un ciclo storico per aprirne un altro.



La crisi del modello classico continentale di istruzione, infatti, ci
rimanda addirittura al XIX secolo (e oggi siamo al XXI), ad una
concezione integralista e totalizzante dell'educazione pubblica in
virtù della quale lo Stato ha preteso il monopolio dello
stile, dei principi, dei metodi, dei contenuti, persino degli spazi
dell'istruzione.



Mentre l'educazione scolastica giungeva a descrivere i suoi
irrinunciabili stilemi, quasi fossero dogmi scolpiti nelle pietre, si
affermava l'icona del maestro laico, repubblicano e quindi di
sinistra, modello di virtù pubblica e, al contempo, custode
delle tavole sacre della cittadinanza, con il compito di trasferirle
di generazione in generazione.



In questo quadro, l'Italia ha rappresentato sempre un'eccezione. Da
noi la durezza di quello scontro è rimasta sullo sfondo;
edulcorata prima, in epoca liberale, dai tentativi di trovare pertugi
attraverso i quali far passare l'integrazione delle masse cattoliche
nello Stato; poi, nel periodo fascista, dalle complesse dinamiche
della sfida sotterranea tra Stato e Chiesa su quella generazione che
il regime avrebbe voluto "integralmente fascista"; infine,
in epoca repubblicana, è rimasto come impigliato negli stampi
di un regime di separazione formale, regolato da un partito unico dei
cattolici, fattosi braccio secolare della Chiesa.



In Italia, dunque, l'idolatria statalista nell'ambito della scuola
non ha mai scalato i picchi dell'intolleranza e della illiberalità:
la parità scolastica è rimasta, nel senso comune, un
obbiettivo regressivo, ma non ha mai determinato chiusura di istituti
o divieti. Nondimeno, finito il tempo degli ammortizzatori storici,
si fa oggi tanta fatica a sbarazzarsi dei residui di quel modello,
più antiquato che antico, che poggia su un malinteso ideale di
laicità. Si fa fatica ad individuare in una libera e regolata
competizione di metodi e contenuti, piuttosto che nel riproporsi di
anacronistici monopoli, la strada dalla quale potrà transitare
nel XXI secolo un ideale di cittadinanza veramente inclusivo, non
solo a parole, senatrice Franco.



In questo orizzonte si fa ancora più fatica ad accettare
un'idea dell'educazione che parta dalla persona, dalle sue
inclinazioni e dalla loro valorizzazione, piuttosto che da un
astratto ideale di "bene pubblico". Proprio da qui
originano, ad esempio, le inaccettabili strumentalizzazioni sulla
questione delle cosiddette "classi ponte": non importa che
un bambino di dieci anni arrivato in Italia senza conoscere la nostra
lingua possa diventare un disadattato se sbattuto improvvisamente in
una classe senza alcuna mediazione. L'importante per voi è
gridare al razzismo. (Applausi dal Gruppo PdL. Commenti dal Gruppo
PD).



Forse quest'assenza di classicità ci ha anche privato di un
parametro che possa aiutarci a considerare tutta la nefandezza
dell'ultimo ciclo storico inauguratosi col Sessantotto. Una stagione
dura a morire, che ha progressivamente svuotato il principio di
autorità: nel rapporto tra docenti e alunni, tra docenti e
dirigenti scolastici, tra personale docente e personale non docente,
tra l'istituzione scuola e l'istituzione famiglia. Lungo la stessa
direttrice, propagandando un egualitarismo falso, quella generazione
ha eroso il principio della meritocrazia, ponendolo come bersaglio di
una propaganda critica tanto falsa quanto rovinosa.



Questa stessa deriva, da ultimo, sta provocando un nuovo classismo.
Lo scadimento dell'offerta formativa, infatti, mette solo i più
facoltosi nella possibilità di accedere a costose strutture
d'eccellenza, che con il vostro atteggiamento state alimentando,
spesso fuori dai confini della Nazione. (Applausi dal Gruppo PdL.
Commenti dal Gruppo PD)
. Del resto, non è la prima volta
che i giovani, strumentalizzati da falsi maestri, si mobilitano
contro il loro futuro. (Applausi dal Gruppo PdL. Commenti dal
Gruppo PD).
È curioso, ad esempio, che i nostri studenti
universitari protestino in questi giorni contro la riforma Gelmini,
quando il Ministro, almeno finora, sull'università ha soltanto
rilasciato qualche dichiarazione, e i tagli previsti dalla
finanziaria del ministro Tremonti risalgono ad oltre tre mesi fa. È
una sfasatura temporale e, consentitemi, anche culturale, quanto meno
sospetta, sulla quale faremmo bene a riflettere tutti. (Commenti
della senatrice Mariapia Garavaglia).



Nell'affrontare le grandi questioni che attengono alla politica
educativa non si può poi non tener conto della difficoltà
di governo di un universo complesso come quello scolastico, che conta
al suo interno oltre un milione di dipendenti. Pensiamo, ad esempio,
alla sindacalizzazione estrema che ha fatto sì che la scuola
fosse considerata un ammortizzatore sociale, un serbatoio di posti da
assegnare, e non una risorsa per il futuro del Paese. (Applausi
dal Gruppo
PdL).



Allo stesso tempo, il modesto livello retributivo riconosciuto alla
classe docente, anche a causa delle assunzioni di massa, ha
contribuito al progressivo logoramento della considerazione sociale
del ruolo degli insegnanti.



Va, infine, ricordato quanto sulla scuola italiana abbiano gravato i
35 anni di capovolgimento progressivo del rapporto tra scuola e
famiglia determinato dai decreti delegati del 1974, a causa dei quali
la scuola è divenuta una controparte ostile con cui
contrattare tutto, persino i voti dei figli, e non un'istituzione da
rispettare e con la quale collaborare. (Applausi dal Gruppo
PdL).



Di fronte a questo scenario, sappiamo che invertire la rotta non sarà
una passeggiata. Sarà difficile, ad esempio, metter mano alle
politiche del personale, adeguare i livelli retributivi e innalzare
gli standard qualitativi finché prevarrà
un'applicazione perversa del principio di autonomia. Sul fronte
amministrativo, invece, non possiamo e non vogliamo sottacere
l'abnorme potere di condizionamento maturato dalla burocrazia
ministeriale, in gran parte politicamente orientata, e non c'è
bisogno che specifichi da quale parte. Si tratta di un potere di
condizionamento che non di rado si è fatto potere di
interdizione.



Non è, dunque, difficile comprendere perché tanto dure
e accanite si mostrano le resistenze nei confronti dell'avvio di un
progetto di riforma. Si tratta di resistenze ideologiche; di
resistenze strutturali, dovute al fatto che nel settore educativo
come altrove, o forse più che altrove, ci si dovrà
confrontare con una sacca di precariato che le politiche scellerate
degli ultimi decenni hanno irresponsabilmente alimentato. (Applausi
dal Gruppo
PdL). Si tratta, infine, di resistenze
corporative perché nessuna delle categorie, anche per colpa di
una massiccia e durevole propaganda di disinformazione, rinuncerà
alle proprie rendite di posizione finché non riusciremo a far
comprendere a tutti, proprio a tutti, che in gioco c'è il
futuro del nostro Paese.



Fin qui il pessimismo dell'intelligenza, ma noi in quest'Aula stiamo
dando spazio all'ottimismo della volontà. È proprio
nell'ottica di questo ottimismo che sento di dover guardare al
decreto che stiamo esaminando. Il ritorno al maestro unico è
certo - non lo neghiamo - anche la risposta a una necessità
imposta dalla congiuntura economica, ma vorrei fosse chiaro che non
siamo disposti a giocare la qualità dell'educazione dei nostri
figli per motivi puramente economici. (Applausi dal Gruppo
PdL). Se abbiamo compiuto questa scelta è soprattutto
perché riteniamo che sia la scelta pedagogicamente più
seria e responsabile.



La progressiva liceizzazione che in questi anni ha contraddistinto la
pratica educativa in tutte le scuole, senza distinguere tra un
bambino e un adolescente, ha finito per danneggiare sia le scuole
primarie, sia quelle secondarie, sia gli stessi licei. Noi vogliamo
invertire la rotta.



Ci sembra che ridare ai bambini una figura di riferimento sia una
scelta importante, specialmente in considerazione dei troppi
"maestri", buoni e meno buoni, con i quali essi hanno oggi
a che fare. Noi pensiamo a insegnanti capaci davvero di "fare
segno" nella mente e nel cuore dei nostri figli e per questo
anche meritevoli di essere riconosciuti nell'incommensurabile valore
del lavoro che svolgono.



Anche la reintroduzione del voto in condotta e la sostituzione dei
giudizi con i voti vanno considerate in quest'ottica di rinnovata
dignità che vogliamo ridare al mondo della scuola.



Siamo consapevoli, ovviamente, che quanto stiamo facendo è
solo un difficile inizio, ma lo riteniamo importante. Ci stupiscono
non poco le strumentalizzazioni che si sono fatte in questi giorni
del decreto che stiamo discutendo.



Nel ribadire con forza che il tempo scuola dell'insegnante unico non
coinciderà con il tempo scuola dei nostri figli, il quale si
protrarrà anche nel pomeriggio; nel ribadire altresì
che nessun insegnante o dipendente ATA sarà licenziato, dico
che bisogna avere il coraggio di provarci, anche se la conservazione,
le resistenze al cambiamento, per quanto non più in grado di
affermare i vecchi modelli, ci sembrano a volte sufficienti a
impedire il tentativo di edificarne uno nuovo.



Bisogna trovare consapevolezza del fatto che è stato proprio
questo "blocco" ad avere trasformato il problema educativo
in un'emergenza nazionale. E, di fronte a questo scenario, occorre
porsi una domanda semplice, poiché siamo di fronte a
un'occasione storica ed abbiamo un mandato popolare ampio e
inequivoco: se non ora, quando? Ministro Gelmini, vada avanti; glielo
ripeto in quest'Aula, questa maggioranza non la lascerà sola.
(Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Congratulazioni. Commenti dal
Gruppo PD).








PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.



Ha facoltà di parlare il Ministro, onorevole Gelmini.
(Applausi dai Gruppi PdL e LNP).



GELMINI,
ministro dell'istruzione, università e ricerca. Signor
Presidente, onorevoli senatori... (Vivi, prolungati applausi dai
Gruppi PdL e LNP. Commenti dal Gruppo PD)
.



GELMINI, ministro dell'istruzione, università e ricerca.
Signor Presidente, onorevoli senatori, sono passati pochi mesi da
quando, intervenendo davanti alla 7a Commissione (colgo
l'occasione per ringraziare tutti i suoi componenti e, in modo
particolare, il presidente Possa e la relatrice di Commissione, la
senatrice Poli Bortone), mentre illustravo le linee di indirizzo del
mio mandato, elencai alcuni dati sullo stato dell'istruzione e
un'agenda di problemi a cui dare urgentemente risposta.



Se un piccolo, piccolissimo titolo di merito ritengo di avere finora
acquisito, è di avere tolto quei dati dalle medie e dalla
episodicità con la quale, sino a pochi mesi fa, passavano
sotto gli occhi distratti dei cittadini e di averne fatto patrimonio
comune a larga parte della pubblica opinione.



GIARETTA (PD). C'è un libro bianco sulla riforma della
scuola! (Commenti dal Gruppo PdL).



GELMINI, ministro dell'istruzione, università e ricerca.
È lo spirito con cui, in altri Paesi europei, quegli stessi
dati sono stati letti e soprattutto affrontati. Lo stesso spirito con
cui, in Gran Bretagna, Tony Blair decise di mettere al centro della
propria azione di Governo un profondo rivolgimento del sistema di
istruzione britannico.



GARAVAGLIA Mariapia (PD). Con altri soldi!



GELMINI, ministro dell'istruzione, università e ricerca.
Vorrei ringraziare i molti senatori che hanno ricordato quei dati e
quell'agenda. Ringrazio altresì tutti i contributi che sono
pervenuti al dibattito circa ulteriori elementi di verità e
circa la descrizione del piano inclinato che dal 1990 ha visto
scivolare la nostra scuola. Quei dati, ricordati da molti senatori,
non rappresentano un'arida elencazione, ma disegnano il panorama che
mi sono trovata di fronte, che mi ha fatto dire allora, e mi fa
ripetere oggi, che è ora di cambiare, è l'ora di
introdurre nella scuola quei mutamenti indispensabili innanzitutto
per i nostri giovani e dunque per il futuro del Paese.



Quando mi chiedono quale sia la mia visione pedagogica, ebbene, la
riassumo nel riferimento a una scuola che abbia al centro lo
studente, la sua preparazione, il suo futuro e le opportunità
che il sistema di istruzione gli deve aprire. Tutto quanto non sia
indirizzato a questo risultato, all'affermazione della funziona
educativa e formativa della scuola è qualcosa di estraneo al
ruolo che l'istruzione deve assolvere.



Nessuno tra gli onorevoli senatori, all'epoca della mia audizione,
contestò quei dati e quell'agenda di problemi, che del resto
stavano scritti nel libro bianco sulla scuola promosso dai ministri
Fioroni e Padoa-Schioppa. (Applausi dal Gruppo PdL).



All'epoca mi ero illusa che una comune presa d'atto della situazione
e di problemi non più rinviabili potesse creare un terreno
comune di confronto e non di scontro, ma si trattava per l'appunto di
un'illusione perché si è tentato di espellere quei dati
e quei problemi dal dibattito pubblico e dal dibattito politico e
perché ai contenuti stessi del decreto e alla sua realtà
si è sovrapposto un decreto virtuale, falsificato, contro cui
si è scatenata una protesta in molti casi priva di fondamento.
Ben più delle proteste mi preoccupano le falsificazioni che
sono state messe alla base di queste proteste. (Commenti dal
Gruppo PD)
.



SBARBATI (PD). C'è un testo, quali falsificazioni!



LUSI (PD). Abbia rispetto, Ministro; abbia rispetto!



GELMINI, ministro dell'istruzione, università e ricerca.
Voglio citare testualmente un passaggio dell'intervento in
discussione generale della senatrice Adamo. «Mi permetto un
piccolo richiamo alla moralità politica, che non corrisponde
al non rubare o ad avere dei buoni comportamenti etici: queste sono
tutte cose prepolitiche», diceva giustamente la senatrice. Poi
proseguiva: «Che cosa caratterizza, da un punto di vista etico,
la deontologia di chi fa politica? Il rispetto della verità,
il non dire bugie ai cittadini: questo è lo specifico della
deontologia di chi fa politica.», e io condivido quelle parole.
(Applausi dal Gruppo PdL). È una verità che
sottoscrivo, ma che vorrei fosse seguita con lo stesso zelo con cui
viene pronunciata.



Invece, nelle stesse ore in cui si teneva il dibattito alla Camera,
l'onorevole Veltroni al Teatro Capranica radunava la sinistra
scegliendo di fare della scuola il terreno privilegiato dello
scontro, quasi pregustando nuovi autunni caldi.



GARRAFFA (PD). Non è una conferenza stampa, questa!



PRESIDENTE. La prego, senatore Garraffa.



GELMINI, ministro dell'istruzione, università e ricerca.
Nelle stesse ore il presidente Napolitano, nella sua saggezza - che
deve essere di aiuto e punto di riferimento per tutti, a partire
dalla sottoscritta, in questi momenti - ricordava che per avere
un'Italia migliore abbiamo bisogno di una scuola migliore e auspicava
da parte di tutti - così come ha ripetuto ieri in una lettera
agli studenti - la creazione di spazi per un ampio confronto.



Come Ministro sento il dovere di raccogliere l'invito del presidente
Napolitano e di dare l'esempio. Convocherò nuovamente, già
da domani e una per una, tutte le associazioni degli studenti, degli
insegnanti e dei genitori, con la volontà di creare le
condizioni di un confronto pacato, costruttivo e sereno, ma a due
condizioni: che si discuta sui fatti e sui contenuti del
provvedimento e non sulla falsificazione della realtà e che la
maggioranza parlamentare possa decidere secondo le regole
costituzionali. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).



Ma torniamo a quanto sta accadendo in quest'Aula. Il Senato della
Repubblica sta avendo ampio spazio per dibattere e mi sarei aspettata
che dai senatori dell'opposizione arrivassero quei contributi e
quelle proposte che, a loro dire, sarebbero stati silenziati dal
ricorso al voto di fiducia alla Camera dei deputati. Così non
è stato.



SBARBATI (PD). Ma se non ha neanche ascoltato, era sempre
fuori a chiacchierare!



GELMINI, ministro dell'istruzione, università e ricerca.
Al Libro bianco sulla scuola, scritto sotto l'egida dei ministri
Fioroni e Padoa-Schioppa... (Commenti dal Gruppo PD).



PRESIDENTE.
Colleghi, lasciamo realizzare al Ministro il proprio intervento. Ha
il diritto di parlare senza essere interrotta. Avete chiesto prima
dell'inizio di questa discussione la presenza del Ministro, che
puntualmente sta seguendo i lavori dall'inizio dell'esame del
provvedimento. Poi avrete modo di intervenire durante la discussione
degli emendamenti, come già avete avuto modo di fare
ampiamente in sede di discussione generale. Credo che ciò sia
stato consentito, per cui vi prego di rispettare le regole anche nei
confronti del Governo. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Commenti
delle senatrici Pinotti e Incostante)
.



GELMINI,
ministro dell'istruzione, università e ricerca.
...Libro bianco che invito i colleghi dell'opposizione a leggere
senza limitarsi a citarne il titolo, si è sostituita in Senato
una pagina bianca volta alla mera difesa di un insostenibile status
quo
, classista nella sua più intima essenza, e fuori dal
Senato una campagna terroristica che ha diffuso false informazioni
tra le famiglie... (Applausi dal Gruppo PdL. Commenti dal Gruppo
PD).
...destinate a svaporare quando il tempo ne farà
giustizia, ma che avvelenano il clima con l'obiettivo di bloccare la
riforma e di alimentare la piazza, creando un clima di allarmismo
totalmente ingiustificato.



È stato detto, e non è vero, che diminuiremo gli
insegnanti di sostegno. È stato detto, e non è vero,
che licenzieremo 87.000 insegnanti. È stato detto, e non è
vero, che diminuiranno le classi a tempo pieno. Un'opportunità
che invece, da Ministro, intendo incentivare. (Proteste dal Gruppo
PD).
È stato detto, e non è vero, che chiederemo le
scuole delle piccole isole e quelle di montagna, atto che il Ministro
non potrebbe mai sognarsi di compiere. (Commenti dal Gruppo PD).



GARRAFFA (PD). Legga bene il decreto!



PRESIDENTE. Senatore Garraffa, è la seconda volta che la
richiamo.



GELMINI, ministro dell'istruzione, università e ricerca.
Vedete, non mi scandalizzano le proteste di questi giorni; mi
scandalizzano le basi su cui la protesta si fonda, le false
informazioni e una versione inesistente del decreto-legge. Basta
osservare alcune interviste sui giornali, ascoltare i telegiornali
oppure, se si mettono in dubbio queste fonti, è sufficiente
uno sguardo ai video autoprodotti su YouTube o ai blog
per avere l'immagine di un quadro desolante. Quando il 32 per cento
dei ragazzi risponde che attraverso il decreto si taglieranno gli
stipendi agli insegnanti mentre accadrà esattamente il
contrario; quando l'11 per cento sostiene che aumenteranno le ore di
lezione, che non è vero; quando per il 43 per cento l'invito a
tornare al grembiule è classista e poi quegli stessi studenti
rispondono che in passato era stato adottato per non discriminare;
quando il 70 per cento di quei ragazzi sostiene che il decreto ha
abolito o ridotto le ore di educazione civica, io dico che non ci
siamo e invito quei ragazzi a guardare la realtà. Ho rispetto
di chi la pensa diversamente, ho rispetto delle proteste, ma delle
proteste a ragion veduta. E dico a quei ragazzi: contestate pure gli
interventi se non vi piacciono, protestate sul decreto ma non su un
provvedimento immaginario. (Commenti dal Gruppo PD). Avanzate
proposte, contributi, ma non accettate...



GARRAFFA (PD). Presidente, il Ministro non ha letto il
decreto!



PRESIDENTE.
Senatore Garraffa, la invito all'ordine per la seconda volta.
(Proteste dai banchi della maggioranza). Senatori, lasciate
intervenire il Ministro. Ho perfettamente chiara la situazione.



GELMINI,
ministro dell'istruzione, università e ricerca.
Avanzate proposte, contributi, ma non accettate di relegare il
dibattito solo ad una sterile difesa dello status quo quando
il Paese ha un bisogno estremo di cambiamento e di riforme.



Membri autorevoli di questo Senato potrebbero ricordare in maniera
più compiuta di quanto io possa fare i danni arrecati al
sistema produttivo del Paese dagli autunni caldi. Non vorrei - e
lancio in tal senso un appello - che la scuola venisse interpretata
come una nuova fabbrica e gli insegnanti come una nuova classe
operaia da rendere sempre più povera, affinché non
perda la voglia di fare la rivoluzione. (Applausi dal Gruppo PdL).
Vogliamo ridare - e questo sarà il mio obiettivo sino al
termine del mio mandato - agli insegnanti la dignità
professionale ed economica che non può essere disgiunta da chi
si assume un ruolo fondamentale per il presente e per il futuro del
Paese.



Avrò, onorevoli senatori, la tenacia della goccia che scava la
pietra, la tenacia della goccia della realtà e della
ragionevolezza (Applausi dai Gruppi PdL e LNP) che
scava la pietra della demagogia e della disinformazione. Una pietra
con cui non si tenta di ostacolare il ministro Gelmini - il che
conterebbe molto poco - ma un futuro per il quale le brutte
classifiche internazionali siano un ricordo lontano, soprattutto
affinché si possa combattere e lavorare alacremente - ripeto -
per costruire un futuro migliore per i nostri giovani.



Mi confortano in ciò alcuni interventi da parte di esponenti
politici e di intellettuali del centrosinistra i quali hanno
mantenuto ferma la bussola della ragionevolezza, hanno non solo,
almeno in parte, approvato la sostanza del decreto-legge ma, cosa che
per me e per il Parlamento più dovrebbe contare, hanno
invitato l'opposizione ad accettare la sfida dei contenuti. Mi
riferisco a Claudia Mancina, a Luigi Berlinguer, a Franco Bassanini,
(Applausi dal Gruppo PdL), al professor Luca Ricolfi, il quale
ha magistralmente elencato su «La Stampa» tutto quanto
viene agitato nelle piazze e che nel decreto non c'è.



Si è parlato impropriamente di «riforma Gelmini»,
ingigantendo la portata di norme dettate dal buonsenso che
rappresentano, invece, una manutenzione del sistema scolastico e i
primi appunti di un cambiamento che, per essere efficace ed ottenere
negli anni il risultato che il Paese si augura, dovrà essere
ben più esteso e fondato sui pilastri dell'autonomia
scolastica e della valutazione.



Di fronte alla realtà dell'emergenza educativa ho voluto
iniziare a dare segnali che comincino ad invertire il senso di
marcia, segnali al Paese di consapevolezza, di attenzione immediata,
segnali che non resteranno isolati. Chiedo alla scuola un'opera seria
di alfabetizzazione civile e a questo fine corrisponde l'introduzione
della materia «Cittadinanza e Costituzione» alla cui
elaborazione tanto sta dando un uomo della sinistra riformatrice
quale Luciano Corradini che mi onoro di avere tra i miei
collaboratori su questo tema (Applausi dal Gruppo PdL).



Ma a questo fine corrisponde anche la possibilità di
esercitare maggior rigore attraverso l'introduzione del voto in
condotta affinché le immagini devastanti di insegnanti
impotenti messi alla berlina diventino un ricordo. Ad ognuna di
queste immagini, ad ognuno di questi video, di questi episodi ha
fatto seguito nel passato un approfondito e pensoso dibattito e le
immagini hanno poi continuato imperterrite a scorrere. Abbiamo, ho
preferito agire. Spero che quegli insegnanti umiliati possano
essermene grati.



Chiedo anche alla scuola trasparenza e semplicità, quella
trasparenza e semplicità insite nel ritorno ai voti. Offro
alla scuola certezza del diritto e dei diritti senza ipocrisie. Come
sapete, in attesa della revisione dei meccanismi di reclutamento, ho
deciso di bloccare le scuole di specializzazione per l'insegnamento
secondario, le cosiddette SSIS, trasformate in una sorta di costosa
fabbrica di illusioni per migliaia di giovani. Ebbene, abbiamo deciso
di non far pagare a questi giovani gli errori del precedente Governo
che con la mano di Fioroni chiudeva le graduatorie e con quella di
Mussi attivava le SSIS (Applausi dai Gruppi PdL e LNP),
indirizzando i giovani su un binario morto (Commenti dal Gruppo
PD)
. Abbiamo deciso di riaprire questo binario ma sarà
l'ultima sanatoria. È nostra intenzione dare stabilità
al reclutamento e certezza di diritto, in questo come in altri casi.



MONGIELLO (PD). Quando?



GELMINI, ministro dell'istruzione, università e ricerca.
Offro alla scuola un'inversione di rotta per passare, attraverso un
uso oculato delle risorse, dalla condizione di stipendificio e di
luogo dove scelte sciagurate hanno proletarizzato la condizione di
insegnanti (Commenti dal Gruppo PD. Applausi dai Gruppi PdL e LNP)
a luogo dove le risorse vengono risparmiate e poi investite per
premiare il merito, per iniziare a portare la retribuzione dei
docenti ad un livello decoroso.



Offro alle scuole italiane un primo passo verso un nuovo piano di
edilizia scolastica che faccia sì che non si abbiano più
a ripetere tragedie come quelle di San Giuliano. (Applausi dai
Gruppi PdL e LNP. Commenti del senatore Zanda)
. Offro alle
famiglie una risposta ulteriore alle polemiche che di anno in anno si
ripetono sul costo esorbitante dei libri di testo, dopo le risposte
contenute nella legge n. 133.



Signor Presidente, onorevoli senatori, nell'accettare l'incarico di
Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ero
consapevole delle difficoltà che mi si sarebbero parate
innanzi e delle proteste che qualunque cosa avessi fatto mi avrebbero
inseguito. Qualcuno un giorno dovrà raccogliere l'albo di
queste proteste nelle quali nel corso degli anni si è
contestato tutto e il contrario di tutto. Le accetto dunque con
consapevole rassegnazione, ma spero non travalichino il segno. Mi si
insulti pure ma non si impedisca la libertà di altri, la
libertà di un cittadino di recarsi a lavoro in treno, la
libertà di uno studente di dissentire e di recarsi a lezione
(Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Commenti dal Gruppo PD).



BIANCO (PD). Questo è il dialogo!



GELMINI, ministro dell'istruzione, università e ricerca.
Non ho intenzione di cominciare sempre tutto da capo; intendo invece
valorizzare il lavoro svolto dai miei predecessori indipendentemente
dalla loro appartenenza politica. Intendo recuperare tutto il
positivo e guardare avanti e vorrei che chi, come me, condivide la
responsabilità politica di rappresentare il popolo sovrano mi
aiutasse nell'indirizzare i binari del confronto lungo la via della
realtà e del cambiamento (Applausi dal Gruppo PdL), che
tutti, chi nelle parole e chi anche nei fatti, riteniamo oramai
ineludibile.



È su questo terreno che aspetto il Partito Democratico una
volta che il rito della sua piazza sarà compiuto. (Commenti
dal Gruppo PD. Applausi dai Gruppi PdL e LNP).
È su questo
terreno che, come ho sempre fatto, ascolterò studenti,
insegnanti, genitori, personale della scuola e mondo intellettuale;
un ascolto che però sarà fattivo. Non sarà un
giovane Ministro a mettere la scuola italiana nell'impossibilità
di cambiare (Commenti dal Gruppo PD) e non voglio condividere
la responsabilità di continuare a condannarla e a non
assolvere il compito di migliorarla. (Commenti della senatrice
Mongiello)
.



Sono consapevole che la sfida che ho di fronte è una sfida
difficile, impegnativa. Chi mi ha preceduto nel ruolo di Ministro e
ha cercato di cambiare la scuola non ha avuto un percorso agevole, ma
questa fatica merita di essere compiuta; la devo al Paese, ai
ragazzi, alle famiglie, agli insegnanti (Applausi dai Gruppi PdL e
LNP)
, a coloro che si aspettano e meritano una scuola migliore,
come recita la Costituzione, aperta a tutti, che distribuisca pari
opportunità. (Vivi, prolungati applausi dai Gruppi PdL e
LNP. Molte congratulazioni).