lunedì 22 ottobre 2007

LAVORO - Romito: "Flessibilità non deve voler dire precarietà a vita"

Il lavoro cosiddetto precario sta diventando argomento di dibattito a tutti i livelli. Io ritengo sia opportuno fare un po' di chiarezza sulla questione e non intendo sottrarmi dall’esprimere la mia opinione consapevole che potrebbe far storcere il naso a qualcuno.

Ritengo meritevole di sostegno il provvedimento, inserito nella legge Biagi, o 30 che dir si voglia, che permette ad un’azienda di assumere personale a tempo determinato in situazioni particolari della propria vita societaria. Mi riferisco a tutte quelle azienda che hanno degli improvvisi picchi d’ordinativi, difficilmente ripetibili e che quindi non possono giustificare assunzioni definitive; mi riferisco a quelle aziende inserite in comparti altamente stagionali ( ad esempio le industrie del gelato, dell'abbigliamento, del settore alberghiero ecc.). A tali società risulta indispensabile assumere personale a tempo determinato, il quale anziché essere costretto ad offrire le proprie prestazioni in " nero ", può essere tranquillamente regolarizzato ( contributi, tasse, ass medica ecc.). Un' azienda che a fronte di picchi di lavoro, sa di non dover assumere a vita un dipendente è spinta a cercare sul mercato del lavoro personale qualificato e non che possa risolvere il momentaneo bisogno di operai o tecnici o impiegati. Diventa, però, insopportabile che taluni pessimi imprenditori tendano a sfruttare la legge Biagi lasciando in, appunto, " precarie " condizioni di contratto donne e uomini in cerca disperato di impiego che pur di portare a casa qualche euro vengono costretti ad accettare qualsiasi tipo di trattamento economico.

Il mercato del lavoro deve essere flessibile, ma flessibilità non deve voler dire precarietà a vita, altrimenti diventa solo truce sfruttamento e tende, sempre di più, a trasformare la società in un insieme di esseri incerti del proprio futuro e frustrati da una situazione permanente che non permette loro sbocchi positivi o desiderio di progettare il proprio domani. La precarietà a vita, o anche solo per 5 anni o 10 oppure 20, diventa intollerabile, insostenibile, ingiustificata da parte di una società moderna e civile.

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