sabato 19 aprile 2008

LA CATASTROFE - SinistraEuropea.it

Si parla di stalinismo, di purghe e di "mea culpa". Mix detonante solitamente. Una sciagura ecologica: si "rischia" l''estinzione delle primule rosse. Falciate! Martellate! Una tragedia, una CATASTROFE.
Non diamo loro il piacere di tentare una rivincita verso l'autunno. Difendiamo il nostro dna. A noi le riserve non piacciono sia quelle verbali che quelle recintate.

SinistraEuropea.it: "Intervista a Nichi Vendola sulla sinistra e sul Prc dopo la catastrofe"

«Il peggio sarebbe ricominciare dalla politica come resa dei conti.
L’assunzione di responsabilità dev’essere collettiva. Discutere sulle colpe di
Ferrero? Ingeneroso. Farlo su quelle di Giordano? Grottesco. Risparmiamoci
questo residuo di stalinismo. Sconfitti perché inefficaci, il governo solo
l’ultimo banco di prova. Ritirarsi ora in una casa più piccola serve solo se si
è frammento di ceto politico. Ci si salva solo sfidandoci fare una sinistra di
popolo, grande e nuova»
18/04/2008 - Nichi Vendola, pare proprio che tocchi
ricominciare a parlare di frantumazione politica per cominciare a parlare della
sconfitta della sinistra. Nel senso che dopo la frana di consensi e l'uscita
storica dal Parlamento imposta dagli elettori, i primi atti soggettivi dei
partiti che avevano accettato - almeno elettoralmente - il nome unitario
dell'Arcobaleno sono ora gesti di divisione. Tra di loro e al loro interno. A
noi tocca, credo, parlare di Rifondazione comunista... Il peggio che può
accadere è che si ricominci dalla politica in forma di resa dei conti, di
ricerca del capro espiatorio. Sarebbe una dinamica di continuità con la
catastrofe. Perché un gruppo dirigente serio nella sua collegialità deve
mettersi in discussione e deve dirigere una rapida transizione verso una fase di
rilancio e riorganizzione del progetto politico. Per una questione, direi, di
igiene: e di moralità comunista. Se invece si cerca l'abbrivio di una
discussione urlata, di una rapida giustizia sommaria, credo che il danno sarà
irreparabile.
Vediamo se ho capito: il confronto sulle responsabilità del
disastro non può dislocarsi all'interno dei gruppi dirigenti, ma deve partire da
una messa in questione collettiva e generale. Se è questo che proponi, come si
deve tradurre concretamente? Che forme deve assumere l'ovvia restituzione di
parola alla "base"? Naturalmente, il partito è una cosa più larga di quanto non
siano le istanze organizzate dei gruppi e dei sottogruppi: quindi penso che
chiunque voglia difendere il patrimonio che con tanti sacrifici tutti insieme
abbiamo accumulato, deve mettere al primo posto un'idea forte di solidarietà
all'interno di questa comunità politica che è Rifondazione comunista. Per
potere, ancora tutti insieme, guardare con spietatezza le ragioni non
congiunturali di una sconfitta tanto radicale. La sconfitta può essere anche
vissuta come la ritirata in una casa più piccola, forse anche più comoda per chi
ha soltanto il problema di ritagliare uno spazio di sopravvivenza ad un
frammento di ceto politico. Ma o il nostro progetto resta quello di una grande
innovazione politico culturale, che ambisca a ricostruire il profilo di una
sinistra di popolo, oppure la nostra gente abbandonerà il campo e si ritirerà a
vita privata.

Fermiamoci allora sulla "catastrofe": sarà un problema
mio, ma non capisco come la discussione possa aprirsi senza il punto di partenza
di un'analisi del voto. Voglio dire senza confrontarsi su dove sono andati a
finire i voti persi, per riscostruirne le ragioni e ascoltarne i messaggi. Ci
proviamo? Intanto il punto d'inizio: la nostra perdita ha dimensioni
catastrofiche, perché si tratta di oltre due milioni e mezzo di voti. Che sono
usciti in forma più consistente verso il partito democratico, ma non solo: verso
il suo alleato, l'Italia dei Valori; e, mi pare evidente, anche verso la destra
e al Nord verso la Lega; così come verso l'astensione...

.... CONTINUA


Leggete, ne vale la pena. Non ci sono altre purghe!
Si tratta di emoragia... sempre rossa.

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